Lavoro straordinario

Il lavoro straordinario è quello prestato oltre l’orario normale di lavoro, che è di 40 ore settimanali (D.lgs. 66/2003 all’art. 1, c. 2 lett. C). Il ricorso al lavoro straordinario è ammesso solo per far fronte a:

  • esigenze tecnico-produttive;
  • cause di forza maggiore;
  • eventi particolari collegati all’attività produttiva.

Il datore di lavoro quindi può chiedere la prestazione di lavoro straordinario solo nelle ipotesi previste dalla legge e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi, che fissano anche un tetto massimo di ore di lavoro straordinario che in ogni caso non possono superare le 48 ore settimanali, ovvero le 250 ore annue. Se mancano previsioni da parte del contrato collettivo, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso solo previo accordo tra le parti e per un periodo che non superi le 250 ore annue.

Il lavoratore può rifiutare il lavoro straordinario quando:

  • è un lavoratore studente (art. 10, c. 1, L. 300/70);
  • sussiste un giustificato motivo che impedisce la prestazione (Circ. Min. Lav. 3 marzo 2005 n. 8);
  • il datore di lavoro non esercita il suo potere in maniera corretta.

In caso di lavoro straordinario, il lavoratore deve essere compensato per le ore straordinarie con un aumento di retribuzione rispetto a quella dovuta per il lavoro ordinario. Tale maggiorazione è disciplinata dei contratti collettivi e viene calcolata sulla normale retribuzione percepita dal lavoratore.

Le parti possono anche prevedere che lo straordinario sia reso in modo continuo e regolare. In questo caso il relativo compenso può essere corrisposto in modo forfettario, tenendo conto delle ore di straordinario effettivamente svolte e senza che lo stesso si trasformi in retribuzione ordinaria.

Quando i contratti collettivi stabiliscono un orario settimanale inferiore alle 40 ore, il lavoro svolto oltre tale orario è detto lavoro supplementare. In questo caso non si applica la disciplina prevista per il lavoro straordinario, ma quella contrattuale prevista esplicitamente per il lavoro supplementare con le relative maggiorazioni retributive.

Banca ore

Il co. 5 dell’art. 5 del D. Lgs. 66/2003 consente alla contrattazione collettiva di disporre, in termini alternativi od aggiuntivi alla maggiorazione retributiva prevista per il lavoro straordinario, che i lavoratori possano usufruire di riposi compensativi, mediante la costituzione della banca ore.

In particolare, la banca ore consiste in un conto individuale del lavoratore in cui vengono accantonate le ore di lavoro straordinario, che possono essere recuperate con giornate o ore di riposo compensative, secondo le modalità previste dai CCNL. Se i riposi compensativi non possono essere goduti, le ore non recuperate vengono monetizzate con le modalità previste per la retribuzione del lavoro straordinario.

Il lavoratore quindi, può decidere autonomamente di utilizzare le ore accantonate nella banca ore o per godere di pause e riposi, oppure per ottenere una maggiorazione dello stipendio per il mese successivo a quello in cui è stato svolto il lavoro straordinario.

Ogni lavoratore dipendente per usufruire della banca ore, deve indicare il numero di ore di lavoro straordinario che dovranno poi essere inserite nel suo conto individuale, entro il limite massimo indicato dai contratti collettivi. Il lavoratore deve usufruire delle ore messe da parte entro l’anno successivo a quello nel quale il lavoro straordinario è stato effettuato.

Le modalità di istituzione e gestione della banca ore sono disciplinate dai contratti collettivi. Se il contratto collettivo di riferimento non contempla la possibilità di istituire una banca ore, si ritine che le parti del rapporto di lavoro abbiano comunque la facoltà di prevedere forme di utilizzo flessibile delle ore di lavoro straordinario.

Infine, per quanto riguarda la contribuzione delle ore accantonate nella banca ore, l’Inps ha stabilito che:

  • se le ore accantonate vengono utilizzate sotto forma di riposo compensativo e retribuite al momento dell’utilizzo, l’obbligo contributivo dovrà essere assolto al momento del pagamento;
  • se, invece, le ore accantonate vengono monetizzate, per impossibilità di usufruire dei riposi compensativi, l’obbligo contributivo dovrà essere assolto al momento del pagamento dei compensi relativi alle ore accantonate.

Lavoro notturno

Nel nostro ordinamento il lavoro notturno è regolamentato dall’art.1, c. 2 lett. d)-e) del D. Lgs. 66/2003, dall’art. 41, c.1 e 14, dal DL 112/2008 conv. in L. 133/2008 e dalla Circ. Min. Lav 3 marzo 2005 numero 8.

Il datore di lavoro può richiedere ai lavoratori lo svolgimento di un’attività lavorativa notturna, purché vengano rispettate determinate condizioni.

Innanzitutto, per lavoro notturno, si intende l’attività lavorativa svolta in un arco temporale di almeno 7 ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino. È considerato lavoratore notturno chiunque svolga, durante il periodo notturno, in via non eccezionale, almeno 3 ore del suo orario di lavoro giornaliero o una parte del suo orario di lavoro secondo le previsioni del contratto collettivo. In caso di mancata disciplina da parte del contratto collettivo, la legge stabilisce che deve essere considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga per almeno 3 ore lavoro notturno per un minimo di 80 giorni lavorativi all’anno.

Affinché possa essere introdotto il lavoro notturno è necessario che il datore di lavoro consulti le RSA, o in mancanza, le organizzazioni territoriali dei lavoratori, secondo le modalità e i criteri previsti dai contratti collettivi.

Inoltre, il datore di lavoro deve accertare lo stato di salute dei lavoratori addetti al lavoro notturno, con controlli preventivi e periodici e garantire un livello di servizi e di mezzi di prevenzione e protezione adeguato ed equivalente a quello previsto per il lavoro diurno.

Per quanto riguarda la durata della prestazione lavorativa notturna, la legge stabilisce che la stessa non può superare le 8 ore in media nell’arco delle 24 ore, calcolate dal momento di inizio dell’esecuzione della prestazione.

È in ogni caso vietato adibire le donne al lavoro notturno in caso di accertamento dello stato di gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino.

Non sono invece obbligati a prestare lavoro notturno:

  • La lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a 3 anni o, in alternativa, il padre convivente con la stessa;
  • La lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni;
  • La lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile.

Al lavoratore che svolge lavoro notturno spetta oltre alla normale retribuzione, l’eventuale maggiorazione prevista dai contratti collettivi.

Lavoro a turni

L’organizzazione dell’orario di lavoro è una prerogativa del datore di lavoro, il quale però deve tener conto dei limiti imposti dalla legge. Una particolare tipologia di organizzazione dell’orario di lavoro è il lavoro a turni. Il lavoro a turni è definito dall’art 1, c. 2 lett. f) e g), del D.Lgs. 66/2003 come “qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro, anche a squadre, in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, e il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane”. Quindi è considerato lavoratore a turni qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro è inserito nel quadro di lavoro a turni.

Il lavoro a turni può svolgersi su un unico turno giornaliero mantenendo gli orari di lavoro entro i limiti contrattuali, oppure su più turni nell’arco delle 24 ore (es: dalle 6 alle 14, dalle 14 alle 22 e dalle 22 alle 6). In questo caso si parla di lavoro a squadre in quanto diversi lavoratori si avvicendano sulla stessa postazione di lavoro nel corso della medesima giornata.  Il sistema di turnazione può essere distribuito nell’arco di cinque, sei o sette giorni, in quest’ultimo caso si parla di lavoro a ciclo continuo, che può essere utilizzato per ottenere il massimo sfruttamento degli impianti aziendali.

I lavoratori turnisti hanno diritto alle pause intermedie, al riposo giornaliero e a quello settimanale previsto dalla legge e dai contratti collettivi. In particolare, il riposo giornaliero decorre dall’ora di sostituzione di ciascuna squadra e il riposo settimanale può essere fruito in un giorno diverso dalla domenica.

In caso di lavoro domenicale i CCNL prevedono, oltre ad una maggiorazione economica, un giorno di riposo compensativo.

Infine, per quanto riguarda il trattamento economico dei lavoratori a turni, i contratti collettivi possono stabilire delle maggiorazioni sulla retribuzione ordinaria che possono assorbire anche quella per lavoro notturno e festivo.