Il premio di risultato può essere un buon incentivo per i lavoratori, ma anche uno strumento utile per le imprese. Per molte posizioni lavorative infatti i datori di lavoro offrono somme aggiuntive di denaro allo stipendio mensile, per incentivare i dipendenti.

Il premio di produzione incentiva infatti i dipendenti a raggiungere risultati soddisfacenti, e può essere applicato dai datori di lavoro in base alla specifica mansione svolta dal lavoratore. Il premio di risultato rientra nel welfare aziendale, e recentemente è stata introdotta una tassazione specifica IRPEF su queste somme.

Si parla di una tassazione sostitutiva al 10% sul totale dei premi di risultato erogati, con limite massimo di 3.000 euro annui, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.

L’incremento di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione realizzato dall’azienda sarà misurato in base agli indici individuati proprio dal contratto aziendale.

Il premio, per rientrare nelle agevolazioni fiscali, deve essere stato istituito da un contratto collettivo aziendale o territoriale.

Di recente l’Agenzia delle Entrate d’intesa con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha chiarito che non è possibile applicare l’imposta sostitutiva agevolativa sui PdR se i criteri e le modalità di attribuzione dei premi sono definiti mediante un regolamento aziendale e non da un accordo collettivo aziendale o territoriale.

Il premio di risultato è erogabile direttamente in busta paga insieme al normale stipendio, da parte del datore di lavoro o dall’azienda. Questa tipologia di incentivo è particolarmente legata ad alcune categorie professionali, come ad esempio quelle che prevedono la chiusura di un certo numero di contratti ogni mese.

Si tratta di una somma che le aziende erogano in aggiunta al normale stipendio a particolari lavoratori, sulla base del raggiungimento di obiettivi dettati dal regolamento aziendale interno. In questo caso non ci sono limiti alla erogazione del bonus, e queste somme non costituiscono reddito per i lavoratori.

I LAVORATORI DESTINATARI DELL’AGEVOLAZIONE

L’accesso alle agevolazioni fiscali è riservato ai lavoratori dipendenti del settore privato (sono, pertanto, esclusi i lavoratori assunti alle dipendenze della Pubblica Amministrazione e i lavoratori parasubordinati) che abbiano percepito, nell’anno precedente a quello di percezione dei bonus, un reddito da lavoro dipendente non superiore ad Euro 80.000.

Se il sostituto d’imposta tenuto ad applicare l’imposta sostitutiva non è lo stesso che ha rilasciato la certificazione unica dei redditi per l’anno precedente, il beneficiario (cioè il lavoratore stesso) attesta per iscritto l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nel medesimo anno».

TASSAZIONE AL 5% PER I PREMI DI RISULTATO, MA SOLO PER IL 2023

La riduzione dell’imposta sostitutiva dal 10% al 5% per i premi di risultato sono tra le misure della Legge di Bilancio 2023 che mirano a rafforzare il potere d’acquisto dei lavoratori.

Diciamo subito che si tratta di una misura temporanea, perché appunto valida solo per il 2023 e attuabile solo in fase di liquidazione del premio; quindi, al momento, non vale per i premi, ad esempio, che sono istituiti nel 2023 e che saranno erogati nel 2024.

Infatti il comma 63 dell’art. 1 della Legge n. 197 del 29 dicembre 2022 (“Legge di Bilancio 2023”) dispone che «Per i premi e le somme erogati nell’anno 2023, l’aliquota dell’imposta sostitutiva sui premi di produttività, di cui all’articolo 1, comma 182, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è ridotta al 5 per cento».

L’importo massimo agevolabile rimane di Euro 3.000,00 lordi, elevato ad Euro 4.000,00, in ipotesi di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro. In buona sostanza, per importi superiori, torna la tassazione ordinaria del reddito di lavoro sul differenziale.

L’obiettivo del potenziamento della tassazione agevolata dei premi di produzione è valorizzare la produttività dei dipendenti, garantendo degli aumenti in busta paga con un’aliquota minore, riconoscendo in pratica uno stipendio netto più ricco.