FONTI DELL’ARTICOLO E DATA DI AGGIORNAMENTO

Il seguente articolo è aggiornato al 7 Ottobre 2024 e recepisce le ultime novità normative riguardanti l’aumento dell’indennizzo economico da parte dell’INPS dal 30 all’80% nel caso del congedo facoltativo.

Per la redazione del medesimo, sono state consultate le seguenti principali fonti:

CONGEDO DI MATERNITA’

La legge (art. 29 e 30 Cost e art. 16 D.Lgs. 151/2001) tutela le lavoratrici madri al fine di garantire la funzione essenziale svolta dalle stesse in ambito familiare e, più in generale, per garantire loro equità di trattamento in tema di pari opportunità in ambito lavorativo.

Detta tutela è garantita mediante la previsione di una serie di congedi retribuiti, tra i quali rientra innanzitutto il congedo di maternità. Per congedo di maternità (art. 16 D.Lgs. 151/2011) si intende l’astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice durante la gravidanza e nel periodo immediatamente successivo al parto, durante il quale la stessa percepisce un’indennità economica in sostituzione della retribuzione.

LE TUTELE DALL’INIZIO DELLA GRAVIDANZA

La maternità rientra in una rete di protezione che assicurano alla madre la permanenza effettiva del rapporto di lavoro e il mantenimento dei diritti derivanti dallo stesso e garantisce la sicurezza economica sia durante il periodo di maternità tramite un’indennità a carico dell’INPS  e/o datore di lavoro, sia per il periodo successivo e consente di assistere i figli fino al compimento di una certa età o in situazioni particolari.

Il datore di lavoro deve rendere più agevoli le condizioni di lavoro della lavoratrice in gravidanza, assicurandole una protezione dall’inizio della gravidanza fino ai 7 mesi di età del figlio.

E’ vietato adibire la lavoratrice in maternità al trasporto e al sollevamento pesi, a lavori pericolosi  e faticosi, quindi il datore di lavoro deve modificare temporaneamente le condizioni o l’orario di lavoro e quando ciò non è possibile deve affidare un altra mansione anche inferiore, mantenendo inalterata la qualifica e la retribuzione, oppure può affidarle mansioni superiori, con diritto di promozione se lo svolgimento delle stesse mansioni si protrae per il periodo fissato dal CCNL.

Dall’accertamento della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino è vietato adibire le donne al lavoro notturno che si svolge dalle ore 24 alle ore 6.

Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per effettuare esami prenatali, accertamenti clinici o visite specialistiche nel caso in cui debbano essere eseguiti durante l’orario di lavoro.

E’ necessario presentare apposita domanda e la documentazione relativa al datore di lavoro.

DIVIETO DI LICENZIAMENTO

Al fine di tutelare ulteriormente la lavoratrice madre, il D.Lgs. 151/2001 all’art. 54, prevede, il divieto di licenziare la lavoratrice dall’inizio della gravidanza e fino al compimento di 1 anno di età del bambino. Le uniche eccezioni ammesse sono: le ipotesi di cessazione dell’attività aziendale, scadenza del termine del contratto a tempo determinato, esito negativo della prova o per colpa grave costituente giusta causa di risoluzione del rapporto.

CONGEDO OBBLIGATORIO DI MATERNITÀ

La sospensione dell’attività lavorativa riguarda i 2 mesi precedenti la data presunta del parto e i 3 mesi successivi, oltre che, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, nei giorni compresi tra la data presunta e quella effettiva.

Tuttavia, ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, la legge prevede che le lavoratrici abbiano la possibilità di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto. Nei casi di parto anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce), ai tre mesi dopo il parto si aggiungono i giorni non goduti prima del parto.

Con la Legge di bilancio 2019, è stata prevista la possibilità di posticipare il congedo di maternità dopo la nascita del figlio. La legge infatti stabilisce che la lavoratrice può decidere di lavorare praticamente fino alla nascita del figlio (se la donna ne fa richiesta e con il parere favorevole del medico) e usufruire dei 5 mesi di congedo dopo il parto.

Il diritto all’astensione dal lavoro è subordinato all’invio di un apposita domanda(Mod. Ind_Mat COD SR01) all’Inps e al datore di lavoro.

Tale comunicazione va presentata obbligatoriamente entro i due mesi precedenti la data del presunto parto.

Inoltre, entro i 30 giorni successivi alla data del parto, la lavoratrice deve presentare al datore di lavoro il certificato di nascita (o la dichiarazione sostitutiva) ed è tenuta a comunicare all’Inps la data di nascita del figlio.

GRAVIDANZA A RISCHIO

In caso di gravidanza a rischio è possibile andare in maternità anticipata e smettere di lavorare prima del periodo di congedo.

Possono richiedere la maternità anticipata le future mamme lavoratrici che svolgono mansioni particolarmente pesanti e/o quando vi sono rischi per la propria salute e per quella del bambino. L’Inps riconosce il diritto a stare a riposo e percepire la stessa indennità riconosciuta per il periodo di congedo di maternità obbligatorio.  Anche in questo caso la lavoratrice deve presentare un’apposita domanda a cui dovrà essere allegato il certificato di maternità e il certificato medico che attesti la maternità a rischio.

Il congedo di maternità può essere prorogato fino a 7 mesi dopo il parto quando le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della lavoratrice o quando è addetta a lavori pericolosi, faticosi o insalubri e non può essere spostata ad altre mansioni.

CALCOLO INDENNITÀ’ ECONOMICA DI MATERNITÀ

Durante il congedo di maternità la lavoratrice ha diritto a un’indennità a carico dell’Inps, che nella maggior parte dei casi è integrata dal datore di lavoro.

L’indennità a carico dell’Inps, spetta per tutta la durata del congedo, è pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera (RMG) moltiplicata per il numero delle giornate indennizzabili comprese nel periodo di congedo.

La RMG si calcola in maniera differente a seconda che si tratti di operai o impiegati:

  • per gli impiegati la RMG si calcola sommando la retribuzione del mese precedente a quello in cui ha avuto inizio il congedo di maternità e il rateo delle mensilità aggiuntive (più altri trattamenti accessori erogati al lavoratore), dividendo il tutto per 30 (divisore fisso);
  • per gli operai retribuiti a ore la RMG si calcola dividendo la retribuzione del mese precedente per il numero delle giornate lavorate o comunque retribuite e il risultato va sommato al rateo delle mensilità aggiuntive che va diviso per 25 (divisore fisso);
  • per gli operai retribuiti in misura fissa mensile la RMG si calcola dividendo la retribuzione del mese precedente per il divisore fisso 26 (se interamente lavorato) e sommando il risultato per il rateo delle mensilità aggiuntive che va diviso per 25 (divisore fisso).

INTEGRAZIONE DELL’ INDENNITÀ INPS

Ove previsto dai CCNL, il datore di lavoro integra l’indennità erogata dall’Inps, tenendo conto che su detta indennità il lavoratore non subisce trattenute contributive. Per questo motivo il datore deve ridurre l’integrazione al fine di erogare alla lavoratrice una retribuzione netta pari a quella di un lavoratore in forza e non una retribuzione superiore. Questo risultato si ottiene mediante la c.d. lordizzazione dell’indennità Inps. Il coefficiente di lordizzazione è dato dalla seguente formula: 100/(100 – contr. c/ dipe).

Una volta calcolato il coefficiente di lordizzazione, l’integrazione a carico dell’azienda si calcola sottraendo alla retribuzione spettante al lavoratore per i giorni lavorativi compresi nel periodo indennizzato l’indennità erogata dall’Inps per il coefficiente di lordizzazione. Il datore di lavoro infine, deve sostenere l’onere di retribuire la lavoratrice per tutte le festività cadenti nel periodo di congedo, nel caso degli operai, e per le sole festività cadenti di domenica per gli impiegati.

CONGEDO PARENTALE

Oltre al periodo di congedo obbligatorio, la lavoratrice madre ha la facoltà di assentarsi dal lavoro per un ulteriore periodo (ex astensione facoltativa ora congedo parentale). Infatti, in presenza di entrambi i genitori, la lavoratrice madre con figli di età fino a 12 anni, ha diritto di fruire di un periodo di congedo facoltativo di 6 mesi, o in presenza di un solo genitore, di un periodo di astensione di 10 mesi. Il congedo può essere goduto per periodi continuativi oppure frazionati, su base mensile, giornaliera od oraria.

Il congedo è frazionato quando tra un periodo e l’altro viene effettuata una ripresa effettiva del lavoro.

La lavoratrice madre che vuole usufruire del congedo parentale deve presentare una apposita domanda all’Inps, precisando il periodo di assenza, e comunicarlo al datore di lavoro secondo le modalità e i termini previsti dai CCNL.

Durante il congedo parentale la lavoratrice ha diritto a percepire un’indennità a carico dell’Inps, integrata dal datore di lavoro, solo per un determinato periodo di tempo, trascorso il quale l’indennità è dovuta solo in presenza di specifiche condizioni. L’indennità Inps è pari all’ 80% della retribuzione media globale giornaliera ed è determinata con le stesse modalità previste per l’indennità di maternità, escludendo però dal computo il rateo delle mensilità aggiuntive o altri trattamenti accessori erogati al lavoratore.

Per i lavoratori che terminano il congedo di maternità o di paternità dopo il 31 dicembre 2023, l’indennità sarà aumentata e potrà essere ripartita tra i genitori per un massimo complessivo di 2 mesi, fino al sesto anno di vita del bambino (o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento).

L’indennità sarà così strutturata:

  • per il primo mese, corrisponderà all‘80% della retribuzione;
  • per il secondo mese, sarà pari al 60% della retribuzione (con un’eccezione dell’80% solo per l’anno 2024).

Un ulteriore mese di indennità, anch’esso al 60% della retribuzione (80% esclusivamente per il 2024), sarà disponibile per entrambi i genitori. Questo mese potrà essere utilizzato in modo frazionato tra di loro o da uno solo di essi.

PERMESSI PER ALLATTAMENTO

Durante il primo anno di vita del bambino la lavoratrice madre ha diritto a periodi di riposo giornalieri retribuiti (c.d. permessi per allattamento), con la possibilità di uscire dall’azienda. Per poter fruire di detti permessi la lavoratrice deve presentare una domanda al datore di lavoro.

La loro durata varia a seconda dell’orario di lavoro giornaliero. Due ore al  giorno in caso di orario giornaliero pari o superiore alle 6 ore, un ora al giorno in caso di orario giornaliero inferiore.

Le ore di permesso sono retribuite con un’indennità a carico esclusivo dell’Inps pari alla retribuzione percepita nel periodo divisa per il divisore orario previsto dal CCNL. La quota oraria deve essere maggiorata con i ratei orari delle mensilità aggiuntive e il risultato ottenuto deve essere moltiplicato per il numero di ore di permesso. I permessi giornalieri di una o due ore per allattamento sono considerati utili ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, mentre sono esclusi dalla maturazione della tredicesima mensilità. La giornata lavorativa ad orario ridotto dà invece diritto alla maturazione delle ferie retribuite per intero.